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FUKSAS: QUESTA LIGURIA FERITA
COSI' DIFFICILE DA CONQUISTARE

intervista di Luigi Pastore

(La Repubblica - Il Lavoro / 8-3-2007)

 

«Ho una rassegna stampa che e una montagna di carta e 1'80 per cento sono articoli su Savona. Da quando mi occupo di quello, sembra non esista altro. Potrei scriverne un libro. Eppure in giro sto facendo molte altre cose...».

Massimiliano Fuksas sorride più divertito che polemico. Il progetto per il nuovo porto turistico alla Margonara, e soprattutto la torre alta 120 metri che il sottosegretario all'Ambiente Laura Marchetti ha definito un «fallo ricurvo», restano un irrisolto, anche se l'architetto lituano ha attraversato da protagonista un consiglio comunale aperto alla città:

«E vero, in Liguria è più difficile che altrove lavorare, però questa storia mi sta appassionando».

Scusi, Fuksas, ma perché è più difficile in Liguria?

«Perché la Uguria non ha gli spazi della Pianura padana, è stretta tra le montagne e il mare, e i liguri sono più litigiosi, perché storicamente abituati a dover convivere in fazzoletti di terra. È un problema che non ho riscontrato solo io. Pensi a Renzo Piano e al waterfront».

Situazioni diverse, però.

«Sì, però, anche lui ha avuto i suoi problemi. Siamo forse gli unici architetti italiani amici e non gelosi tra di loro. E quando l'ho visto qualche giorno fa aRoma per la mia mostra "Un Sessantesimo di secondo” mi ha confessato ancora la sua amarezza per la vicenda estenuante del waterfront. Lo capisco bene, anche perché essendo genovese, la vive in modo particolare. Mi ha detto: "Vedi, ogni giorno dovrei dare la mia matita a qualcuno che mi spiega cosa bisogna fare qui e cosa bisogna fare là". Io sono più sereno, perché tutto sommato anche il confronto che si è aperto a Savona è stato appassionante e costruttivo. L'importante è intendersi su cosa si voglia fare per il futuro del nostro territorio».

Architetto, lei sa benissimo che le contestano due cose, con il minimo comun denominatore del timore cementificazione in una Regione in questo già assai provata. g Una è il porticciolo turistico, l'altra è la natura della torre, qualcosa di "estraneo" al territorio.

«È proprio questo il punto. Io rovescio il discorso: certo che la torre il è un elemento di rottura, ma è proprio questo che ci vuole. Le città oggi hanno bisogno di elementi iconici, nei quali riconoscersi, basti guardarsi in giro per il mondo per rendersene conto. Se vogliamo, possiamo anche mantenere l'assetto del borgo ligure, così com'è e così com'è sempre stato. Io penso, invece, che bisogna anche voltare e che una puntura di spillo, così come ho definito la torre, appena pensato il progetto, sia una scossa salutare».

Scusi, ma cosa non va nel borgo ligure?

«Negli scorsi decenni, dopo le belle cose degli anni '50 e '60, è stato operato uno scempio del territorio. Costruendo in basso sulla strut tura del borgo ligure, si sono perpetrati abusi urbanistici da Ventimiglia a Portofino, anzi sino a La Spezia, salvando forse in parte solo le Cinque Terre. Prima hanno eliminato pezzi di foreste, poi hanno deviato i corsi d’acqua, poi hanno costruito in zone lasciate senza tutela, come del resto in tutta Italia, dove sono stati realizzati nove milioni di alloggi abusivi. Pensate ad esempio, allo stesso ospedale di Savona, sulla collina di Valloria, sistemato in collina come le “lavatrici” di Genova. Per carità, utilissimo, però paesaggisticamente un ecomostro».

E la soluzione è èostruire in altezza sul mare?

«Guardi, io sono un grande appassionato di Lucio Fontana, e la prima cosa che mi viene in mente è la passeggiata degli artisti diAlbisola, che è un monumento artistico, uno dei luoghi più importanti, un monumento ad un periodo straordinario, gli anni '60. Da qui bisogna ripartire, salvando ciò che c'è di buono, per questo respingo al mittente certi discorsi, che partendo dal mio progetto, portano a parlare persino di rapalizzazione. La verità è che sia l'allora sindaco (Ruggeri ndr) che Canavese volevano una svolta architettonica, ma forse non avevano il coraggio di dirlo, anche se lo pensavano. Va benissimo che lo abbia fatto io, in fondo è una sfida che mi appassiona, anche perché altrimenti non l'avrei raccolta, come non raccolto 1'80% dei progetti che mi vengono proposti, perché non ne ho bisogno. E ormai posso permettermi solo di fare quello che mi piace».

Dicono che la sua parcella sia un milione di euro.

«Non ho mai mandato sino adesso nessuna parcella al cliente, me ne sono dimenticato. È l'ultima cosa che mi viene in mente».

E il porticciolo?

«Io sono sempre stato di sinistra, ma non capisco cosa ci sia di male, se c'è gente che ha la barca di cinque metri, o di venticinque metri. Non possiamo prendercela con quelli che hanno le barche, perché uccideremmo una parte cospicua della nostra industria. La cosa importante è che niente sia un'enclave, che tutti possano andare dappertutto, che tutto sia accessibile. Questo progetto è stato completamente innervato dal paesaggio. Non ho pensato di fare i posti barca prima del paesaggio, semmai il contrario. Ho pensato prima al torrente' all'acqua, a preparare il passaggio per collegare Savona che al momento che ha una serie di blocchi industriali. Scusate, ma io non vedo i confini amministrativi».  
 

 

Lettera sulle arti a Genova - a cura di Sandro Ricaldone      Home      Top      Contact