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settembre 2014 - ottobre 2015



Mostre e Recensioni



-  Lo spazio altro
    del libro d'artista


-  Stefano Grondona
    L'eccentrica visione


-  Claudio Costa e i musei

-  Ger Lataster
    alla Galleria Peccolo


-  Domenica Laurenzana:
    Tra il segno evidente
    e il segno nascosto


-  Omaggio a Cervantes

-  Adriano Accattino:
    dalla non pittura
    all'iperppittura


-  Outsiders: tre artisti
    fuori dagli schemi


-  Giuliano Galletta:
    il corpo come reperto


-  Angelo Gualco performer

-  Palma Severi - Mirella Tarditi:
    Sconfinamenti


-  Roberto Perotti:
    Beyond: Desire for the Infinite


-   Il Registratore Nucleare

-  Piero Simondo
    situazionista controcorrente


-  Beppe Dellepiane:
    "Carta santa"


-  Beppe Dellepiane:
    Pagine da "Carta santa"
    e altri lavori


-   Enrico Morovich:
    le stranezze del Ragioniere


-   Atelier San Marcellino
    Creatività e partecipazione


-   Giuliano Galletta
    Roman reussi e altre carte




 

GIULIANO GALLETTA: IL CORPO COME REPERTO


(Italian Performance Art, a cura di Giovanni Fontana, Nicola Frangione e Roberto Rossini, SAGEP 2015)

Nel lavoro di Giuliano Galletta la pratica della performance costituisce uno dei molteplici tracciati che fanno capo al suo disegno di operare intorno alla crisi del soggetto, frustrando l’autobiografismo intrinseco al lavoro artistico.
In questa prospettiva, che muove da un rapporto privilegiato e costante con la lezione di Beckett – come attesta il titolo dell’azione svolta nel 1979 allo Studentski kulturni centar di Belgrado, “Cosa importa chi parla” tratto da un brano di Testi per nulla – Galletta fa di se stesso un oggetto di osservazione antropologica e del suo corpo un reperto da decifrare. Non a caso, quindi, chiama “Resti” la prima sequenza fotografica in cui si autoeffigia, sempre nel 1979, con il volto barrato da una croce, le labbra sigillate, un braccio trasformato in arto-fantasma da un tratto di vernice rossa. Lungo questa direttrice l’artista prosegue proponendo alla metà degli anni ’80 la fotoperformance “Gli occhiali di mio padre” in cui compare con la vista occlusa da occhiali dorati sino a giungere, nel 2009, all’“Autoritratto con palloncino rosso”, dove si mostra semiassopito su una vecchia seggiola.
A questa vena di denegata presenza Galletta ha affiancato, più di recente, un secondo filone nel quale il corpo dell’artista è, per così dire, trasmigrato in un corpo-sostituto, nella parvenza fisica di un interprete (“Serena con flebo”, 2006; “Je voudrais apprendre à vivre enfin”, 2009, immagine di una figura femminile nascosta da un lenzuolo insanguinato) quando non disseminato nel pubblico, come nell’evento allestito in occasione de “La camera melodrammatica” (Martini & Ronchetti, Genova 2006).

Sandro Ricaldone